Dopo Violette di marzo, ecco un nuovo episodio della ‘trilogia berlinese’ di Philip Kerr, che vede ancora una volta il protagonista, Bernie Gunther, alle prese con un difiicile caso nella Germania hitleriana. Sulle tracce di un possibile serial killer, il detective Gunther si trova a dover fare i conti con un complotto tutto intemo al potere nazista, dove figure storiche del regime si mescolano a personaggi immaginari in una cornice sempre rigorosa e verosimile. Philip Kerr si conferma anche in questo romanzo come uno dei migliori eredi della tradizione del 'giallo d’azione', devoto dunque ai grandi maestri Chandler e Hammett, che certamente hanno inciso sul suo stile brillante e disinvolto, ed ai loro personaggi, in particolare quelli femminili, che rammentano nei tratti e nei modi le grandi dive del cinema hollywoodiano. Donne fatali, poliziotti spietati, criminali incalliti ed efferati riempiono la scena di una città sapientemente ricostruita come in un set cinematografico. La Berlino nazista, vera protagonista del romanzo, si ricompone ai nostri occhi, insieme ai suoi incubi e insieme alla sua malata quotidianità, quasi come un paradigma della violenza e dell’odio di un’epoca, perché 'vari sono i tentativi di sfuggire alle nostre paure, non ultimo l’odio'.
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