I cancelli dell'universo Ritorna Wolff-Jadawin, il Signore del Pianeta dai Molti Livelli, il protagonista di quel tipico esempio di ‘fantasy' avventurosa che è Il Fabbricante di Universi (Galassia n. 74), di cui questo romanzo è il seguito. Contrariamente però al comune destino dei serials, questa seconda puntata non è inferiore alla prima, ma anzi, più della prima contraddistingue lo stile di Farmer. Il gusto dell'orrido, del particolare sadico, con cui Farmer si compiace di schiaffeggiare il lettore, trasuda dalle pagine di questa fantastica avventura. Approfittando dei molti mondi in cui si sviluppa questo I cancelli dell'universo, Farmer indugia, al solito, nel piacere della minuziosa descrizione di flore e faune incredibilmente aliene. Sembra quasi che Farmer scriva una particolareggiata sceneggiatura, tanta è la precisione con cui delinea forme, colori e paesaggi, a rischio persino di appesantire inutilmente il racconto. Ma, come sempre, la profusione di idee e di spunti, che varrebbero da soli un romanzo (basti per tutti l'esempio dei cronoanimali), impedisce al lettore boccheggiante di notare eventuali smagliature. Farmer è noto ai lettori italiani soprattutto per quel Un Amore a Siddo, che introdusse la tematica sessuale nella FS, precorrendo i dissacranti romanzi di Heinlein. E, da quel romanzo, è rifluito in questo un personaggio femminile. La Lusine di Rastignac the Devil (che costituiva la prima parte, l'antecedente, del romanzo) è evidentemente la progenitrice di Vala, femmina perfidamente affascinante, per la quale l'Autore non riesce a nascondere una certa simpatia. I cancelli dell'Universo è in definitiva, un romanzo in cui si mescolano l'avventura alla Conrad o alla London, le ironiche descrizioni di un folklore alieno ed il gusto, ben noto in Farmer, per le mirabolanti invenzioni fisiologiche e morfologiche. Lo stile fin troppo minuzioso di Farmer può anche stancare il lettore frettoloso, che però non potrà evitare di restare avvinto dal ben costruito intreccio.
Il nostro uomo per Ganimede Un autore inglese finora del tutto sconosciuto in Italia ci fornisce una delle migliori opere spaziali moderne, in bilico fra il rispetto dei canoni piu classici della fantascienza e I'approccio ad una particolare vena di sperimentalismo; Gynimede, il terzo satellite di Giove, è abitato da secoli da una colonia di terrestri che ha sempre più rarefatto ogni contatto con la madrepatria. I coloni hanno avuto dapprima la vita dura, a contatto con le difficoltà apparentemente insormontabili di un ambiente così ostile, ma ora le radici della loro società affondano profondamente nell' ingrato suolo del satellite. E quando i terrestri fanno la loro ricomparsa all'orizzonte, animati da intenti che difficilmente si potrebbero definire pacifici, i coloni si rivelano ben decisi a non lasciarsi strappare ciò che con lunghe fatiche sono riusciti a conquistarsi. II loro numero è irrisorio al confronto degli attaccanti, eppure I'invasione viene respinta, e un agente ganimediano riesce ad arrivare in incognito sulla Terra. Come è possibile? E che cosa rende i ganimediani diversi dai terrestri?
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