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Bigalassia - La Tribuna

 
 
Codice:10066      
 
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N. Volume:   19
Titolo:   L'anello intorno al sole - Lascia questo cielo
Autore:   Clifford D. SIMAK (ps. di Clifford Donald SIMAK) e James BLISH
   Traduzione: Autori VARI
 
Data Pubbl.:   1 Marzo 1974 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   Ring Around the Sun, 1952, 1953 Get Out of My Sky, 1957, 1969
Note:   Supplemento a Galassia n.195
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   124 x 184
Contenuto:   Antologia  N. pagine:   352
 
 
  Ultima modifica scheda: victory 22/06/2023-11:52:07
 
   
 

 
 
L'anello intorno al sole
Ring Around the Sun è già apparso in Italia, a puntate, nell'estate-autunno del 1955, in una versione ridotta ed ampiamente rimaneggiata. Lo riproponiamo ora, sia per dare a Simak quello che è di Simak, sia per premiare gli affezionati del genere con una ghiotta rarità, sia per regalare un'autentica perla del grande Clifford ai nuovi lettori che si sono accostati a frotte alla Fantascienza (e la “ effe" maiuscola non è un errore di stampa). Negli ultimi tempi, infatti, i lettori di Fantascienza sono più che raddoppiati. Non è propaganda: le statistiche parlano chiaro. Dopo un primo “boom", intorno al ‘50, ci fu un periodo di crisi, a seguito di un'orripilante proliferazione di pubblicazioni, su cui appariva, a scopi chiaramente speculativi, qualsiasi cosa avesse anche solo un vago sentore di fantascienza (e nemmeno qui la “effe" minuscola è un refuso). Ma ora la Fantascienza, in Italia, che in questo campo è all'avanguardia nell'Europa continentale, si è fatta adulta, ha superato la crisi di crescenza e coloro che si erano disamorati tornano con rinnovata fiducia e molti affrontano da neofiti questa Fantascienza matura. E non esclusivamente di produzione straniera. Per questo, dunque, proponiamo questo romanzo ai lettori di Galassia. Simak non avrebbe bisogno di presentazioni. Avesse scritto solo l'ormai classico City (Anni senza fine) o il più recente Why Call Them Back from Heaven? (apparso nel n. 100 di Galassia col titolo di Infinito) potrebbe già essere classificato come uno dei più grandi, se non il più grande (Bradbury fa caso a sé) degli scrittori di Fantascienza. Ma vale comunque la pena, soprattutto per i neofiti, di spendere qualche parola. In questo romanzo, compaiono i temi cari a Simak: la teoria dei mondi paralleli (vedi, ad esempio, il già citato City, o The Big Front Yard, premio Hugo per il 1959 e apparso in un'antologia di racconti premiati, col titolo L'aia grande, o il più recente All Flesh is Grass, apparso sul n. 105 di Galassia col titolo Il villaggio dei fiori purpurei); la sua struggente simpatia per i diseredati, per coloro che la nostra società dei consumi considera dei falliti e che per Simak sono invece il sale della terra, la più grande e forse l'unica speranza dell'umanità: infatti, il vero protagonista corale di questo romanzo è Asa Andrews, prototipo di pioniere e di disadattato; la sua non-ostilità, che a volte sconfina nella simpatia, per ciò che è alieno. Il tutto presentato con quell'inconfondibile vena malinconica, ma irresistibile, che traspare dalle poetiche, quasi accorate, descrizioni di paesaggi, situazioni e sentimenti. Il romanzo risente forse, qua e là, del fatto di essere nato già all'origine come romanzo a puntate, ma la genialità dell'intreccio, in questa storia di mutanti e di un mondo dominato dall'inerzia e dalla vuotezza spirituale, e l'indiscutibile abilità dell'autore consentono solo al più pignolo ed arrabbiato dei critici di notarlo. Ma forse è meglio che non continui, prima che mi si accusi di avere un debole per Simak (il che è assolutamente vero!) e lasci ai lettori il compito di scoprire lo stile incomparabile e la fantasia senza fine di Clifford Simak. Un'ultima annotazione: il romanzo è del 1952 e descrive un mondo del 1977, in cui, come afferma il protagonista, l'uomo non ha ancora raggiunto la luna. Beh, a Simak si perdona questo ed altro!

Lascia questo cielo
Questo breve romanzo di James Blish presenta non pochi motivi di fascino. Intanto, la sua ambientazione: qui si parla di umanoidi, di due razze completamente diverse (e v'è una ragione profonda, come poi vedremo), dei loro conflitti esteriori e interiori, in un sistema solare dalle caratteristiche singolari. Nulla, perciò, che riguardi direttamente gli uomini, o più particolarmente, i terrestri. Eppure, quanto interesse in questo affascinante apologo, quanta attualità. Due pianeti il più possibile diversi ruotano uno intorno all'altro, ostili, inguaribilmente nemici, ma altrettanto ineluttabilmente legati l'uno all'altro dalle forze gravitazionali. Una guerra li distruggerebbe ambedue, ma sembra inevitabile... Nonostante la lontananza di questi mondi e dei loro abitanti dalla Terra, in quest'apologo di Blish sentiamo molte cose familiari, una continua allegoria la quale, in una straordinaria cornice astronomica, parla di problemi a noi fin troppo noti. Oggi, la Terra, non è anch'essa sotto molti aspetti un duplice pianeta, le cui metà gemelle ruotano l'una intorno all'altra, e i cui abitanti sovente parlano gli uni degli altri come esseri di due specie il più possibile aliene? Vi è un nodo, in questo breve romanzo, per la cui soluzione Blish invoca forze arcane, ma che più semplicemente si potrebbero chiamare collaborazione, solidarietà. E allora, cosa importano distanze di migliaia di anni-luce, cieli risplendenti di ammassi stellari, notti multicolori, oceani primordiali e deserti dipinti? Gli abitanti dei due pianeti, con le loro paure, le emozioni, le speranze, gli eroismi fatti di dovere e di spavento, diventano nostri consanguinei, singoli individui, uomini politici, tribuni, scienziati, mistici, giovani innamorati, e anche la folla con le sue scatenate passioni. Vi è avventura, in questo romanzo, ma i suoi protagonisti, pur nella loro diversità esteriore da un completo equivalente umano, sono disegnati con un davvero notevole approfondimento psicologico. Come in altre sue opere, Blish trasporta l'interiorità e la psicologia nel cosmo, e non è facile trovare un'altra vicenda, nel vasto campo della science-fiction, in cui si sia altrettanto scavato nell'intimo dei personaggi. E non già come puro virtuosismo, ma come intrinseca necessità tematica e narrativa. In fondo, Blish vuol dimostrare, con una narrazione “ compatta" ed essenziale, come il destino dell'umanità e, in senso più lato, di ogni vita intelligente, sia sempre più legato allo spazio. I motivi? Molti, in apparenza diversi, ma, probabilmente, uniti da un unico invisibile filo: dopo tutto, l'universo si stende intorno a noi, visibile, alcuni tra i suoi innumerevoli mondi sono a “portata di mano “, altri sono estremamente lontani. Sui primi, arriveremo, in un tempo più o meno vicino (anzi, sulla Luna siamo già arrivati), e per questo difficile compito sarà indispensabile che tutto il nostro pianeta unisca le sue forze. Dagli altri, che ruotano intorno a miliardi di stelle, forse giungeranno altri esseri, prima che gli uomini siano riusciti a loro volta a viaggiare da un sistema solare all'altro. E anche di fronte a questi possibili visitatori dall'infinito, è necessario che il nostro mondo si faccia scoprire unito e solidale. In che modo Blish dimostri questo suo asserto... ebbene, leggete il libro per saperlo. Un'originalità di ottima lega, un'efficace perorazione, e personaggi i quali, anche se a volte pensano di discendere dalle rane, sono di una accattivante umanità (nel bene e, sf, anche nel male).