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Discussione: Un augurio personale (letto 863 volte) |
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Un augurio personale « data: 08 Ottobre 2012, 15:39:11 » |
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Come molti sanno, questo mese "Urania" compie ben 60 anni. Vorrei contribuire nel mio piccolo ai doverosi festeggiamenti citando due passi molto rappresentativi, che tanto amo, tratti dal romanzo "Le sabbie di Marte di Arthur C.Clarke" pubblicato proprio sullo storico n.1 di questa fantastica e speriamo ancora per molto longeva collana editoriale. Auguri Urania e grazie di cuore!
"Per un abitante del globo terrestre era davvero uno spettacolo sconcertante vedere nel cielo due lune contemporaneamente. Eppure erano là, l’una accanto all’altra, entrambe al loro primo quarto, e la prima grossa quasi il doppio della seconda. Trascorsero parecchi secondi prima che Gibson si rendesse conto di avere di fronte Luna e Terra insieme, e parecchi altri secondi ancora prima di comprendere finalmente che la falce più piccola e più lontana era il suo mondo. Purtroppo l’Ares non passava molto vicino alla Luna, ma questa appariva ugualmente almeno dieci volte più grande di quanto Gibson l’avesse mai vista stando sulla Terra. Le catene intersecantisi di crateri erano chiaramente visibili lungo la linea dentellata che separava il giorno dalla notte, e il disco ancora opaco era visibile grazie alla luce terrestre che vi si rifletteva sopra. Ma come mai… Gibson si chinò bruscamente in avanti chiedendosi se i suoi occhi non stessero giocandogli un brutto scherzo. Eppure, nessun dubbio: laggiù, su quella superficie fredda e appena visibile, in attesa dell’alba che sarebbe giunta solo tra molti giorni, tenuissime faville di luce bruciavano come lucciole nelle tenebre. Cinquant’anni prima quelle luci non esistevano: erano le luci delle prime città lunari, e dicevano alle stelle che dopo un miliardo di anni la vita era giunta finalmente alla Luna."
"Forse la Terra oggi non ha ancora bisogno di Marte, ma un giorno ne avrà.» «Vorrei potervi credere» disse Gibson senza molta convinzione. E indicò la lussureggiante distesa verde che lambiva come un oceano affamato la cupola pressoché invisibile della città, la sterminata pianura che fuggiva con tanta rapidità oltre il limite dell’orizzonte stranamente angusto, l’arco di alture vermiglie nelle cui braccia si adagiava la piccola colonia. «Marte è un mondo interessante, bello anche. Ma non potrà mai essere come la Terra.» «E perché dovrebbe esserlo? E poi che cosa intendete per Terra,prima di tutto? Intendete forse le pianure del Sud America, i vigneti di Francia, le isole coralline del Pacifico, o le steppe siberiane? Perché Terra è ciascuno di questi luoghi! Ovunque l’uomo riesca a trovare una possibilità di esistenza, là è la sua terra. Ebbene, presto o tardi gli uomini saranno in grado di vivere su Marte senza bisogno di tutta questa roba.» E con ampio gesto indicò la cupola che racchiudeva la città e le dava vita."
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