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Home Forum | La Fantascienza e gli altri generi... | Urania Mondadori | Discussione: I libri di Maxpullo 2011 «prec succ»
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  Autore  Discussione: I libri di Maxpullo 2011  (letto 18445 volte)
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #45 data: 28 Febbraio 2011, 13:31:55 »
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Citazione da: Arne Saknussemm il 28 Febbraio 2011, 11:42:14

Grazie Mille a Waferdi, Maxpullo e Marben.... gentilissimi !!

E scusate l'OT, adesso vedo di studiarmi per bene il forum ... sia per fruirne al meglio ... sia per postare nel giusto topic.

  

p.s. aspettero' con trepidazione il manuale d'uso on line !!!

Arne Saknussemm



Discendi nel cratere dello Jokull di Sneffels che l'ombra dello Scartaris viene a lambire prima delle calende di luglio, viaggiatore ardito, e giungerai al centro della Terra...
« Ultima modifica: 28 Febbraio 2011, 13:32:30 di maxpullo » Loggato
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #46 data: 28 Febbraio 2011, 17:42:35 »
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #47 data: 03 Marzo 2011, 19:52:59 »
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Gli estranei: umano o alieno?

A volte il mistero che avvolge l'identità di un "estraneo" è talmente fitto che non si riesce subito a capire se egli sia un essere umano dotato di caratteristiche somatiche molto particolari oppure un alieno che tenta di celare le sue fattezze con una "mascherata". A volte addirittura può essere quasi impossibile capire fino a che punto un individuo sia realmente un "estraneo" perchè magari lui stesso ha perduto la sua memoria (o finge di averla perduta).

    In tutti questi casi, se l'autore del romanzo è particolarmente bravo, avremo una trama intricata, magari al limite della spy-story o del giallo, una trama che può riservare più di una sorpresa, come, in effetti, accade nel caso de "Lo straniero", di Leslie Purnell Davies, Urania 506, di cui riporto il commento.

Bisogna davvero fare i complimenti a Thole per quella che è una delle copertine più belle della sua produzione e che da sola rappresenta, a mio avviso, gran parte del fascino di questo volume, ma bisogna anche "bacchettare" Davies per essere riuscito a sciupare quello che a metà libro pareva essere un grande capolavoro.
La trama da lui construita, infatti, come anche accadeva in altri suoi romanzi, risulta da principio affascinante ed avvincente per poi perdersi quasi traumaticamente in uno dei finali più deludenti che mi sia mai capitato di leggere e che ti fanno venire una voglia matta di mettere un votaccio punitivo.
Ma bisogna essere obiettivi nel giudicare ed allora è giusto dire che se un libro ti lascia con il fiato sospeso fino a 20 pagine dalla fine e poi tira fuori una spiegazione un po' deludente e confusa ma che in effetti spiega perfettamente tutti i misteri accumulati nel corso della lettura allora certamente quello non è un cattivo libro e una stroncatura sarebbe ingiustificata,

Questo "straniero" immaginato da Davies sarà forse un po' meno "alieno" rispetto ad un Mr. Kiel o ad un Thomas Jerome Newton, ma nessuno potrà negare che la sua storia ed il mistero rappresentato dalla sua identità e dalla sua presenza sul nostro pianeta non siano alla fine altrettando singolari ed inquietanti.
Un libro che riesce paradossalmente ad essere deludente e discreto allo stesso tempo, ma che arricchisce, in maniera abbastanza singolare, la galleria di "estranei" che la fantascienza ha concepito nel corso del tempo.
« Ultima modifica: 03 Marzo 2011, 19:53:57 di maxpullo » Loggato
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #48 data: 15 Marzo 2011, 19:18:21 »
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Lo strano caso di Alan Ryan

Nel periodo in cui su Urania veniva pubblicato un po' di tutto, fece la sua comparsa nella rivista un certo Alan Ryan, autore di due romanzi ambientati a Deacons Kill, uno dei quali, "La cosa dei monti Catskill", a metà strada tra fantascienza ed horror, l'altro, "Il treno di Deacons Kill", decisamente horror.
Prima di parlare dei due romanzi volevo condividere con voi una piccola curiosità: in piena epoca digitale, con Facebook, Wikipedia e Google che giorno dopo giorno rivoluzionano le nostre vite e consentono di trovare rapidamente tutte le informazioni che possono servirci, non si riesce ad avere uno straccio di bio-bibliografia di questo Alan Ryan. Il motivo? C'è un simpatico caso di omonimia tra l'autore apparso su Urania ed un dotto professore che insegna ad Oxford e, mentre il primo ha scritto diversi romanzi e racconti dell'orrore, l'altro ha pubblicato numerosi saggi di argomento politico e filosofico ed ogni ricerca basata solo sul nome produrrà invariabilmente un pout-pourri di informazioni che lascia il tempo che trova.
Addirittura c'è un sito che se si clicca sul link "Alan Ryan's books" tira fuori un elenco (con tanto di copertine) in cui si alternano allegramente gli scritti dell'uno con quelli dell'altro.
Ero arrivato quasi ad ipotizzare che il professore di Oxford avesse una sorta di "doppia vita": di giorno esimio cattedratico, di notte spavaldo imitatore di Stephen King... ma l'ipotesi non regge perchè sul sito personale di Alan Ryan (il professore), non c'è traccia di titoli horror (a meno di non considerare horror un saggio sulla filosofia delle scienze sociali).
Insomma, sia come sia, dell'Alan Ryan autore horror su internet non c'è traccia (o almeno io non l'ho trovata), ma questo non ci impedisce certo di recensire i suoi due romanzi tradotti e pubblicati su Urania. Di seguito il mio commento ad entrambi i volumi.

   Quando la scorsa estate ho preso tra le mani "La cosa dei monti Catskill", Urania 972, in cuor mio cercavo una lettura "agghiacciante" per sopravvivere alla calura estiva e l'ho trovata solo per metà.
Da un lato c'è la bravura dell'autore nel costruire la suspense necessaria per far vivere questo genere di storia, dall'altro, purtroppo, mancano molti elementi perchè la storia sia completa e convincente.
Alan Ryan, infatti, sfrutta sapientemente l'artificio della simultaneità tra gli eventi che accadono e, passando con maestria da una scena all'altra, riesce a dare l'illusione della visione di un film, più che della lettura di un libro, ma questo non è sufficiente perchè alla fine il film che ha proiettato si rivela essere un vero e proprio "B-movie".
Nonostante la suspense, infatti, manca del tutto una convincente spiegazione su quale sia la reale natura della "cosa" che semina il terrore nelle colline di Decons Kill: non solo non si danno teorie, nemmeno a livello di congettura, sulla sua origine, ma neppure ne riusciamo ad apprezzare appieno una sua descrizione fisica, giacchè la sua eliminazione avviene in modo repentino e alquanto banale.
Sarebbero bastate una decina di pagine in più, anche solo di ipotesi, sulla genesi della "cosa" ed una spiegazione, anche non perfettamente plausibile, sul perchè della sua invisibilità (una creatura aliena precipitata sulla Terra in epoca preistorica? Un "Predator"?) per far conquistare punti al romanzo e sarebbe bastato un finale meno raffazzonato con un espediente atto a renderla visibile (tipo quello cha accade nel lovecraftiano "L'orrore di Dunwich") per consacrare questo come un buon libro anche se non proprio un capolavoro.
Così com'è il romanzo è una lettura appena sufficiente che scivola via in una notte (meglio se di lampi, tuoni e pioggia) e che poi viene dimenticata all'alba.
           
    Avevo per lungo tempo rimandato la lettura de "Il treno di Deacons Kill", Urania 985, perchè la stupenda ed inquietante copertina di Festino prometteva una lettura agghiacciante e volevo conservarmelo per una occasione speciale, magari per una di quelle tremende notti di fine estate con temporali scroscianti o per una fredda e buia sera invernale con il vento che ulula dalle finiestre... ed invece ho finito per leggerlo nelle condizioni peggiori, sbocconcellandolo tra una poppata, un cambio del pannolino e tutta quella serie di interruzioni che contraddistinguono la vita dei neogenitori.
Eppure è stato forse proprio il suo saper reggere alle continue interruzioni che me lo ha fatto apprezzare di più: sebbene infatti la storia in se sia puerile, scontata e di una banalità quasi sconcertante, non si può negare che questo Alan Ryan conosca il suo mestiere. La descrizione della misteriosa tempesta che si abatte su Deacons Kill, l'atmosfera gelida che avvolge la vicenda, le spettrali apparizioni dei clown ghignanti e la grande maestria nel riuscire a rendere avvincente una storia inconsistente sono i veri punti di forza di quello che altrimenti sarebbe stato un modesto e mediocre horror di serie B.
Dal velato accenno all'Hoverlook Hotel, alla scelta dei clown come creature atte a susitare paura, mi è parso di intuire che Ryan abbia voluto in qualche modo "omaggiare" Stephen King, ma se lo stile è pressoche perfetto la storia rimane quella che è ed ogni accostamento con il grande maestro dell'horror che non sia riferito a questa mia "impressione" è assolutamente fuori luogo.
Direi che merita una piena sufficienza, ma non aspettatevi grandi cose.

Per chi riuscisse a trovare questi due libri tanto appassionanti da meritare un approfondimento della produzione del misterioso Alan Ryan potrà dilettarsi a reperire i seguenti titoli (che non mi sembrano saggi di filosofia e/o di politica).
  • Cast a Cold Eye, 1984
  • The penguin book of Vampire Stories, 1989
  • Halloween Horrors: New Tales of Dark Fantasy and Terror, 1986
  • Vampires: Two Centuries of Great Vampire Stories, 1987
  • Panther, 1981
  • Haunting Women, 1988
  • The Bones Wizard, 1988
  • Night Visions: In the blood, 1988
  • Perpetual Light, 1982
Di più non sono riuscito a trovare: chi avesse ulteriori informazioni può aggiungerle liberamente alla mia scheda.
Buona lettura.
« Ultima modifica: 15 Marzo 2011, 19:19:43 di maxpullo » Loggato
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #49 data: 15 Marzo 2011, 19:49:20 »
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #50 data: 16 Marzo 2011, 12:29:19 »
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Citazione da: maxpullo il 15 Marzo 2011, 19:18:21

Lo strano caso di Alan Ryan

Per chi riuscisse a trovare questi due libri tanto appassionanti da meritare un approfondimento della produzione del misterioso Alan Ryan potrà dilettarsi a reperire i seguenti titoli (che non mi sembrano saggi di filosofia e/o di politica).
  • Cast a Cold Eye, 1984
  • The penguin book of Vampire Stories, 1989
  • Halloween Horrors: New Tales of Dark Fantasy and Terror, 1986
  • Vampires: Two Centuries of Great Vampire Stories, 1987
  • Panther, 1981
  • Haunting Women, 1988
  • Night Visions: In the blood, 1988
  • Perpetual Light, 1982
Di più non sono riuscito a trovare: chi avesse ulteriori informazioni può aggiungerle liberamente alla mia scheda.
Buona lettura.


A riguardo dei titoli che hai citato c'è da dire che:
  • The penguin book of Vampire Stories, 1989
  • Halloween Horrors: New Tales of Dark Fantasy and Terror, 1986
  • Vampires: Two Centuries of Great Vampire Stories, 1987
  • Haunting Women, 1988
  • Night Visions: In the blood, 1988
  • Perpetual Light, 1982

sono tutte antologie di racconti di cui il nostro è stato il curatore (l'unico suo racconto appare in Halloween Horrors)
mentre
  • Quadriphobia, 1986
  • The Bones Wizard, 1988

sono antologie di suoi racconti.

Un saluto da ansible

P.S.
Dal tono delle recensioni delle sue opere che ho trovato in rete, credo non meriti alcuna nota bibliografica.
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #51 data: 16 Marzo 2011, 20:14:38 »
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Ecco...i due libri di Alan mi sono piaciuti e sapere che nessuno sà chi sia mi mette tristezza
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #52 data: 16 Marzo 2011, 21:51:17 »
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Neppure su Fantastic Fiction, che è il sito più completo che conosco http://www.fantasticfiction.co.uk/r/alan-ryan/ c'è qualcosa. Solo la data di nascita.
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #53 data: 22 Marzo 2011, 16:33:59 »
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Se questo è un commento

Lo scorso anno, nell'infinito silenzio di una spiaggia settembrina di fine estate, mi sono ritrovato a leggere uno dei romanzi di fantascienza più misteriosi, sconvolgenti e geniali che siano mai stati scritti e cioè "Ubik" di Philip K. Dick.
La cronaca di questo incontro con un grande della SF, che, sino a quel momento, avevo grandemente sottovalutato, la potete ancora trovare nella rubrica dello scorso anno in una doppia scheda insolitamente poetica, da cui traspare tutta la mia ammirazione per questo grande capolavoro e per il suo autore.
Quello che voglio raccontarvi oggi, invece, è come quella lettura abbia completamente "scardinato" la mia visione del mondo fantascientifico producendo fondamentalmente due effetti: se da un lato, infatti, mi sono riproposto di reperire e leggere quanto prima tutte le opere di Dick che Urania non aveva mai pubblicato, da un altro mi sono riproposto di reperire e leggere quanto prima una serie di romanzi e classici della SF che nessun vero appassionato (o presunto tale) dovrebbe mancare.
E questa scheda, forse un po' prolissa (e rielggendola anche un po' sconclusionata), è dedicata ad un altro grande romanzo di Dick, "Le tre stimmate di Palmer Eldritch", letto ed apprezzato nell'edizione "Collezione Immaginario Dick" della Fanucci (questa), sulla scia dell'entusiasmo provato per "Ubik", un romanzo che mi ha lasciato senza parole perchè talmente pieno di trovate e spunti di riflessione da rendere ogni tipo di commento assolutamente inadeguato. Di seguito il mio tentativo di spiegare perchè mi sia piaciuto.

   Indubbiamente un ottimo romanzo, molto profondo e pieno di spunti interessati per riflettere attentamente su quello che è il concetto stesso di realtà.
La "traslazione" nel mondo ideale dei Plastici di Perky Pat, novella Barbie, la fuga dalla realtà attraverso l'uso sistematico di droghe o attraverso non meglio definite "terapie" per accelerare l'evoluzione umana sono solo alcuni dei motivi di fondo di un romanzo che può esser letto ripetutamente, ma che non potrà mai dirsi compreso e comprensibile fino in fondo, tanti ed articolati sono i suoi livelli di lettura ed interpretazione.
Le vicende autobiografiche dell'autore, si fondono con la sua esperienza letteraria ed affiorano nel testo per la gioia degli amanti delle curiosità, mentre gli appassionati di fantascienza potranno gustarsi la storia di una invasione molto sui generis e portata avanti nel modo più strano che testo di fantascienza sia mai riuscito a proporre e descrivere.
I lettori più portati per la filosofia o per la teologia, infine, potranno divertirsi a smontare e rimontare le sequenze narrative per stabilire con certezza dove finisca la realtà e dove inizino il sogno o l'esperienza mistica.
In un solo romanzo Dick ha avuto il merito di riuscire a sconvolgere i canoni del genere fantascientifico e di creare qualcosa di assolutamente nuovo in cui il concetto stesso di realtà viene buttato via e ridefinito in modo poco chiaro, volutamente caotico e senza riferimenti di sorta, presentandoci un universo in cui il tempo non esiste più (i fantasmi del passato infestano il futuro e le immagini del futuro - anzi dei molteplici futuri - tormentano il presente) ed in cui, una volta varcata una porta, non è affatto garantito il ritorno, anche se si riattraversa la stessa porta più e più volte.
In questo universo il concetto di divinità immanente diventa improvvisamente comprensibile ed alla portata di tutti, anche se nessuno potrà dirsi veramente felice o soddisfatto di questa immanenza oppure essere veramente sicuro se quello che si sperimenta sia davvero una manifestazione del divino.

Insomma, tantissimi contenuti per un romanzo "denso" e immensamente ricco di significati che può essere letto semplicisticamente come la storia dell'invasione del sistema solare (della realtà) ad opera di un essere alieno, oppure approfondito in modi insospettabili sino ad arrivare a riflettere sul senso della vita e del rapporto tra uomo e Dio.
Ma se "Le tre stimmate di Palmer Eldritch", per i motivi di cui sopra, è un testo fondamentale per il lettore di fantascienza nonchè un capolavoro assoluto della letteratura di tutto il '900, per gli spunti che regala e le riflessioni che induce, personalmente l'ho trovato un po' avaro dal punto di vista delle emozioni che regala e sicuramente meno elaborato e completo rispetto ad "Ubik" con cui condivide molti concetti.
I personaggi, ancorchè ben caratterizzati, non riescono a mio avviso a trasmetere le loro emozioni sino in fondo ed appaiono piuttosto degli "stereotipi": lo stesso protagonista, Palmer Eldritch, tenebroso ed inquietante nella sua disumana veste di cyborg, non sono riuscito ad immaginarlo come nulla di più di una sorta di pallida ombra del Dart Vader di Guerre Stellari, mentre la storia, tra un passaggio e l'altro, tra una porta varcata ed un ritorno mancato, si fa via via sempre più confusa, fino a far perdere definitivamente il lettore all'interno di un universo sconosciuto e privo di riferimenti.
Insomma, un grande capolavoro, ma non esente da difetti che possono renderlo ostico o poco comprensibile ad una lettura superficiale.

Ma soprattutto un libro difficile da commentare: leggetelo e vedrete!
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #54 data: 22 Marzo 2011, 18:36:40 »
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Si, è un commento pure questo. Dick è talmente "oltre" lo standard del medio scribacchino fantascientifico che a volte si rimane senza parole, ci vorrebbero gli strumenti della più sofisticata critica letteraria. Non a caso Dick è uno dei pochissimi scrittori di fs ad aver ricevuto costante attenzione da parte dell'establishment letterario americano. Gli altri due sono Vonnegut (che però rinnegava l'etichetta di scrittore di fs) e la Le Guin. In questo "olimpo" della fs "colta" ci starebbe più che bene anche Lem ma ha avuto il grave torto di scrivere in polacco, ed ha perciò ricevuto un po' meno attenzioni.
Ad alcuni Dick non piace per via delle sue trame apparentemente sgangherate e perchè i suoi personaggi sono spesso poco più che manichini. Entrambe queste caratteristische sono invece il marchio di fabbrica di Dick ed il suo punto di forza: Dick ci vuole mostrare un universo incomprensibile (come infatti è) dove i personaggi sono "agiti" (e non attori) da moventi a loro ignoti. Sgombriamo il campo da un'equivoco diffuso: il cosiddetto "approfondimento psicologico" del personaggio è robetta da letteratura di serie B, i veri scrittori (come Dick) mirano a ben altro. Se fate caso in Dick i luoghi sono tutti uguali e intercambiabili, Provo nello Utah non si distingue da Zurigo, il mondo di Dick è una specie di teatro con fondali di cartapesta dove i personaggi manichini vivono le loro incomprensibili vicende. Dick ricorda molto più certi autori del 900 come Beckett o Ionesco che non il tipico scrittore di fs. E sgomberiamo il campo da un'altro diffuso equivoco, cioè che Dick scriva male: la prosa apparentemente sciatta e trasandata di Dick è assolutamente funzionale ai suoi intenti espressivi e di volta in volta può essere iperrealistica, lirica, comica etc.
Un ricordo personale. Mi sono imbattuto in Dick per la prima volta più di 40 anni fa, esattamente nell'agosto del 1969. Il libro era L'uomo dei giochi a premio (Time Out of Joint), capolavoro misconosciuto. Nella prima parte del romanzo Dick mostra tutto il suo talento di narratore "realistico" descrivendo la vita sonnacchiosa di una cittadina del Midwest negli anni '50, poi gradualmente la vicenda evolve in fs vera e propria. Da allora Dick è stato il mio autore-feticcio, ho tutti i libri in più edizioni, ed è quello di cui porterei con me l'opera omnia sulla classica isola deserta.
Scusa Max per l'intrusione semi-autobiografica nella tua rubrica ma trattandosi di Dick non ho potuto resistere.
« Ultima modifica: 22 Marzo 2011, 22:14:40 di marben » Loggato
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #55 data: 22 Marzo 2011, 21:52:06 »
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Citazione da: marben il 22 Marzo 2011, 18:36:40

Si, è un commento pure questo. Dick è talmente "oltre" lo standard del medio scribacchino fantascientifico che a volte si rimane senza parole, ci vorrebbero gli strumenti della più sofisticata critica letteraria. Non a caso Dick è uno dei pochissimi scrittori di fs ad aver ricevuto costante attenzione da parte dell'establishment letterario americano. Gli altri due sono Vonnegut (che però rinnegava l'etichetta di scrittore di fs) e la Le Guin. In questo "olimpo" della fs "colta" ci starebbe più che bene anche Lem ma ha avuto il grave torto di scrivere in polacco, ed ha perciò ricevuto un po' meno attenzioni.
Ad alcuni Dick non piace per via delle sue trame apparentemente sgangherate e perchè i suoi personaggi sono spesso poco più che manichini. Entrambe queste caratteristische sono invece il marchio di fabbrica di Dick ed il suo punto di forza: Dick ci vuole mostrare un universo incomprensibile (come infatti è) dove i personaggi sono "agiti" (e non attori) da moventi a loro ignoti. Sgombriamo il campo da un'equivoco diffuso: il cosiddetto "approfondimento psicologico" del personaggio è robetta da letteratura di serie B, i veri scrittori (come Dick) mirano a ben altro. Se fate caso in Dick i luoghi sono tutti uguali e intercambiabili, Provo nello Utah non si distingue da Zurigo, il mondo di Dick è una specie di teatro con fondali di cartapesta dove i personaggi manichini vivono le loro incomprensibili vicende. Dick ricorda molto più certi autori del 900 come Beckett o Ionesco che non il tipico scrittore di fs. E sgomberiamo il campo da un'altro diffuso equivoco, cioè che Dick scriva male: la prosa apparentemente sciatta e trasandatadi Dick è assolutamente funzionale ai suoi intenti espressivi e di volta in volta può essere iperrealistica, lirica, comica etc.
Un ricordo personale. Mi sono imbattuto in Dick per la prima volta più di 40 anni fa, esattamente nell'agosto del 1969. Il libro era L'uomo dei giochi a premio (Time Out of Joint), capolavoro misconosciuto. Nella prima parte del romanzo Dick mostra tutto il suo talento di narratore "realistico" descrivendo la vita sonnacchiosa di una cittadina del Midwest negli anni '50, poi gradualmente la vicenda evolve in fs vera e propria. Da allora Dick è stato il mio autore-feticcio, ho tutti i libri in più edizioni, ed è quello di cui porterei con me l'opera omnia sulla classica isola deserta.
Scusa Max per l'intrusione semi-autobiografica nella tua rubrica ma trattandosi di Dick non ho potuto resistere.


"L'uomo dei giochi a premio" è uno dei libri migliori di Dick letti sinora...
Caro marben, ricordati che questa rubrica di letture è aperta a tutti gli interventi: io dico la mia ma se qualcuno vuol dire la sua è il benvenuto.
  
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #56 data: 22 Marzo 2011, 22:17:36 »
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Citazione da: maxpullo il 22 Marzo 2011, 21:52:06



"L'uomo dei giochi a premio" è uno dei libri migliori di Dick letti sinora...
Caro marben, ricordati che questa rubrica di letture è aperta a tutti gli interventi: io dico la mia ma se qualcuno vuol dire la sua è il benvenuto.
  


Si certo, del resto sono intervenuto già parecchie volte..mi riferivo al fatto di aver collegato un libro alla mia vicenda biografica, che è più nel tuo stile che non nel mio.
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #57 data: 22 Marzo 2011, 22:26:34 »
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Di Dick ho letto solo La svastica sul sole, ma non mi ha particolarmente colpito, lo vedo un po' inconcludente, nonostante il riferimento alla
realtà in cui hanno vinto Germania-Giappone che potrebbe non essere la vera realtà
sia una trovata geniale. Sarà stata per la quantità di storie parallele, sarà stato perchè mi sono sentito spazientito all'ennesimo passaggio dedicato all' I Ching, sarà perchè il seguito sarebbe stato funzionale, sarà perchè non l'ho letto in un "periodo confacente"...sta di fatto che mi ha lasciato deluso.
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Re:I libri di Maxpullo 2011
« Rispondi #58 data: 22 Marzo 2011, 23:00:36 »
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Citazione da: PabloE il 22 Marzo 2011, 22:26:34


Di Dick ho letto solo La svastica sul sole, ma non mi ha particolarmente colpito, lo vedo un po' inconcludente, nonostante il riferimento alla
realtà in cui hanno vinto Germania-Giappone che potrebbe non essere la vera realtà
sia una trovata geniale. Sarà stata per la quantità di storie parallele, sarà stato perchè mi sono sentito spazientito all'ennesimo passaggio dedicato all' I Ching, sarà perchè il seguito sarebbe stato funzionale, sarà perchè non l'ho letto in un "periodo confacente"...sta di fatto che mi ha lasciato deluso.


  
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« Rispondi #59 data: 23 Marzo 2011, 07:43:50 »
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Citazione da: PabloE il 22 Marzo 2011, 22:26:34


Di Dick ho letto solo La svastica sul sole, ma non mi ha particolarmente colpito, lo vedo un po' inconcludente, nonostante il riferimento alla
realtà in cui hanno vinto Germania-Giappone che potrebbe non essere la vera realtà
sia una trovata geniale. Sarà stata per la quantità di storie parallele, sarà stato perchè mi sono sentito spazientito all'ennesimo passaggio dedicato all' I Ching, sarà perchè il seguito sarebbe stato funzionale, sarà perchè non l'ho letto in un "periodo confacente"...sta di fatto che mi ha lasciato deluso.



Con Dick può succedere di rimanere spiazzati, soprattutto perchè non sempre le sue trame sono "lineari".
Io, invece, sono rimasto deluso da storie insulse come "Vulcano 3" e "L'occhio nel cielo" (e nemmeno "Divina invasione" mi ha appassionato più di tanto), ma ora sono molto propenso a credere che il poblema non fossero i romanzi in se, ma le traduzioni approssimative e molto "tagliate"...
"La svastica sul sole" me la tengo stretto per leggerlo questa estate
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